Rosa Bianca

E chissà se si può capire che milioni di rose non profumano mica, se non sono i tuoi fiori a fiorire,
se i tuoi occhi non mi fanno più dormire

Un guanto – Francesco De Gregori

Mi chiamo Rosa Bianca e sono più brava di Fabio Volo.
Il campanello interruppe subito la mia lettura. Era il tecnico per la connessione a Internet. Finalmente, dopo quasi una settimana sarei riuscito a ricollegarmi e a leggere la posta. Ormai non si riesce più a vivere senza una buona connessione. Mah. E poi io non ci capisco niente di queste cose; e l’ADSL e il Modem (ho letto che vuol dire modula/demodula e allora? Voi ci capite qualcosa?) e la banda e il provider. E l’antivirus? C’avete mai pensato? Ma questi ingegneri non potevano fare un computer che non si ammalasse? Che hanno studiato a fare per anni e anni? Comunque sia tutte queste tecnologie per me sono arabo, peggio di quando a scuola mi facevano studiare la chimica organica o le equazioni algebriche!

Lasciai il tecnico a smanettare con i cavi e ripresi in mano quei fogli che mi ero stampato tempo addietro. La presentazione di un’aspirante scrittrice e un paio di racconti. Michela, la mia agente, mi aveva chiesto di darci un’occhiata; lei è sempre così impegnata…

Mi chiamo Rosa Bianca e sono più brava di Fabio Volo. Dunque, vediamo: il cognome Bianca uno non se lo sceglie di certo ma, santiddio, come si fa in tal caso a chiamare una figlia Rosa? Mi ricorda i vari Dalcaldo Alfredo, Balocco Felice, Spargisale Marino o Tromba Marina (ce ne sono di peggio, lo so, ma mi sono censurato!). A quel punto chiamatela Neve e non se ne parla più. Sono più brava di Fabio Volo. Non che ci voglia molto, in effetti. Ma ‘sto Fabio, cara la mia Rosa, vende centinaia di migliaia di libri ed è grazie ai tipi come lui se qualche libreria rimane aperta e possiamo trovare un Borges o un Dostoevskij. E poi non c’è solo Fabio Volo, c’è pure la Littizzetto! E ci sono pure tutti quei libri che scrivo io come ghostwriter, meglio se non ti dico quali sono…

Mi chiamo Rosa Bianca e sono più brava di Fabio Volo. Sono una donna romantica, come forse non ce sono più.
(Ecco, se esistono si facciano avanti, che Alex è qui che aspetta!)
Scrivo da sempre, da quando ho imparato, da quando avevo quattro anni. L’ho sempre fatto per me, scrivevo dei diari, delle piccole poesie; ma arrivata alla soglia dei quarant’anni ho pensato di farlo anche per gli altri. Chissà che le mie storie possano interessare a qualcuno. Cosa mi ispira? Tutto e niente,
(Deciditi!)
i miei gatti, le mie amiche, le mie rose (come potrei non amarle, con il nome che porto? )
(Io invece le avrei odiate con tutto me stesso…)
ma soprattutto l’amore, sono un’inguaribile romantica, anche se con il cuore a pezzi, sembra Guernica.
(Allora siamo in due.)
Allego un racconto, il consolatore, nato dalle chiacchiere che si fanno dalla parrucchiera. Cordiali saluti.
Uhm, come presentazione non è poi un gran che, vediamo questo racconto…

Certe cose si sanno. Anche se non sono scritte sui giornali. Che il sindaco se la faccia con la Bruna, quella dell’anagrafe, lo sanno tutti. Fossi sua moglie lo butterei fuor di casa a calci. E invece eccoli lì, la domenica che vanno bellini bellini alla messa abbracciati come due fidanzati. Che ipocrisia, gente! Le cose si sanno, dicevo. Come? Venite in negozio da noi, basta una semplice messa in piega e quando uscite saprete tutte le ultime novità. Certo, certo, dipende dalle clienti. Tutte amano ascoltare ma mica tutte raccontano tutto, magari solo qualche tessera. Ma datemi un paio di settimane, basta incrociare le voci e il mosaico è completo. E pensare che io non sono pettegola, io non spiattello tutte le novità. Ci pensano le altre ragazze, Teresa in particolare. Io chiacchiero, chiacchiero, ma in termini generali, non mi piace fare riferimenti alle mie clienti; e quasi sempre me ne esco con una frase a effetto. Per questo mi chiamano la filosofa, e manco so cos’è la filosofia.
Insomma certe cose si sanno. Anche se l’ultima notizia è di quelle da tenere segrete. Veramente.
Me l’ha confidata Teresa. C’è quella nuova palestra che hanno aperto, sulla strada per andare in città, Perfect Body, mi sembra. Pare che oltre alle normali attività ci sia un massaggiatore, molto in gamba. Secondo Teresa è un dio del sesso, no, lei non c’è mai stata ma che dici, è sposata (e parla sempre male del marito), l’ha sentito dire in giro, delle amiche sue hanno voluto provare una volta. Lo chiamano “il consolatore“. Insomma questo massaggiatore, finito il lavoro per cui viene pagato, fa una domanda innocente alle clienti che gli piacciono. Serve altro? E se la cliente risponde “ha ancora del tempo per me?”, il gioco è fatto, il tempo si trova.
Sono diverse settimane che voglio andare in questa palestra. No, che avete capito, a me il massaggio basta e avanza, non voglio altro, con gli uomini ho chiuso. Sono soltanto curiosa di vedere come è fatto questo dio del sesso. Che c’è di male?
Per fortuna il lunedì pomeriggio questa palestra è aperta e c’è pure il massaggiatore: con gli orari che faccio gli altri giorni non ce la farei proprio.
Sono arrivata in palestra con un bell’anticipo rispetto all’orario fissato. Al telefono mi aveva risposto una tizia fintamente gentile, dev’essere questa qua con i capelli rossi che sta all’ingresso. Ma chi gliel’ha tinti così male? Arrivato il mio turno sono entrata in una stanzetta profumata, con un lettino, le luci soffuse e questa musica new age. Dice che faccia rilassare, mah. Eccolo qua, ma quale dio del sesso, ma che dice Teresa? Io mi aspettavo un vichingo di due metri, con due spalle così ed ecco questo signore anonimo, si chiama Guido, ma che nome brutto è Guido; avrà più di quarant’anni, altezza media, non brutto ma niente di speciale, già qualche capello bianco. Mi chiede di cosa ho bisogno. Secondo te cosa sono venuta a fare qua? A raccontare barzellette? Rispondo che sto tutto il giorno in piedi, in negozio, e soffro di male alla schiena e alle gambe. Ci penso io, ha risposto. Ma questo Guido ha mai detto in vita sua una frase con più di tre parole? Mi ha chiesto di spogliarmi, di rimanere soltanto con le mutandine, ah, lo vedi questo qua, devo pagare per farmi vedere le tette. Se pensa che poi, io Samanta, alla fine, gli chiederò dell’altro, si sbaglia di grosso. Senza nessun preambolo mi fa sdraiare sul lettino e comincia a spargermi di oli profumati e poi a massaggiarmi. Devo ammettere che ci sa proprio fare con le mani, però. Ma dove ha imparato? Mi viene in mente che il primo e ultimo uomo che mi ha messo le mani addosso è stato Francesco, il mio ex fidanzato, saranno passati quattro anni dall’ultima volta, poi mi ha lasciato. La sera, a letto, mi saltava addosso, mi strizzava le tette, faceva i suoi sporchi comodi, rantolava un po’, mi diceva ti amo (i primi tempi, poi aveva smesso), si girava dall’altra parte e si addormentava. Ma che te ne fai degli uomini, dico io, è stato un bene che se ne sia andato con quella zoccola polacca.
Ma perché parlo ogni tanto di Francesco? Ma chi se ne frega! Questo massaggio, piuttosto, è una cosa speciale, non so come descriverlo, sono una filosofa mica una scrittrice, io. Sto bene, le sue mani sanno come muoversi sulla mia pelle. Saranno le luci soffuse, sarà questa musica, non lo so che è, ma bisogna spargere la voce a tutte le clienti del negozio. Questo Guido vi rimette al mondo.
Non lo so poi quanto è durato questo massaggio, devo aver perso la cognizione del tempo. Alla fine lui si allontana e mi fa: serve altro? Ed io, così, senza pensarci due volte: ha ancora del tempo per me? Certo, risponde lui, abbiamo tutto il tempo che vogliamo. Non so come ha fatto ma mi ha tolto le mutandine come fosse il gesto più naturale del mondo; ha cominciato a baciarmi il collo, poi, molto lentamente è sceso sul mio petto e ancora più in giù, fino alla parte interna delle cosce. Con le sue mani così abili si è fatto subito strada ed ha cominciato a baciarmi là nel mezzo, Francesco queste cosa non la faceva, diceva che non gli piaceva l’odore. La lingua di Guido invece si è mossa rapida e ha continuato a muoversi dolcemente, esplorando la mia femminilità, seguito dalle sue dita. Mi sono sentita uno strumento, il suo strumento. E lui un musicista straordinario. Con le sue mani e la sua bocca tirava fuori di me una musica nuova, intensa, mai sentita prima. Poi è salito su di me e mi ha presa. Ho sentito di nuovo le sue mani dappertutto, ma non come prima durante il massaggio. Le sue mani questa volta mi hanno avvinghiata, sembrava mi volesse strappare la pelle. Il ritmo ora era diventato quasi brutale. Oh cielo. Ho sentito l’odore forte della sua pelle. Ho sentito l’odore della sua bocca che sapeva del mio odore. E’ l’ultima cosa che ricordo. Poi sono volata in un’altra dimensione, fuori da quella stanza, da quella palestra. Lui era il mio dio del sesso, io in quel momento la sua dea.
Quando sono uscita dalla stanza non ero la stessa Samanta di quando ero entrata. Il mio consolatore invece è rimasto lì, la sua giornata non era che all’inizio. Ho cercato le chiavi nella borsetta, sono salita in macchina, mi sono guardata nello specchietto retrovisore per rimettermi a posto. E nello specchietto sapete chi ho visto? C’era Teresa che entrava rapida in palestra… Certe cose si sanno, ma forse è meglio non raccontarle troppo in giro.

Il tecnico ha appena terminato di rimettermi Internet in funzione. Mi sa proprio che le scriverò subito per congratularmi! A voi è piaciuto il racconto di Rosa Bianca? Secondo me è davvero più brava di Fabio Volo, non vi pare?

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